Non riesco a cambiare!

Lavorando sui blocchi emotivi non è raro parlare con persone che riferiscono di conoscere bene i loro problemi e nonostante la volontà di cambiare restano lì.

Come se girassero in un labirinto di specchi dove l’eccesso della visione di se impedisce di vedere l’uscita.

In genere sono persone controllate, molto razionali, intelligenti e spesso con uno sbilanciamento marcato tra la parte mentale e la parte emotiva.

La prima è predominante rispetto alla seconda che viene svalutata e lasciata in disparte.

La parte mentale e razionale ingabbia letteralmente la parte emotiva.

“ Si so qual è il mio problema ma le ho provate tutte e non so più che strade prendere, che cosa posso fare?”

Le persone razionali, sono persone spesso pratiche e proiettate all’esterno, ma nell’interno l’inconscio parla un’altra lingua: il fare si risolve in una comprensione di concetto ma non arriva a compiere il processo di trasformazione.

Le cause possono essere diverse, possono risalire al voler essere visti e quindi attribuire grande valore ai risultati esteriori.

Ad una vita dedicata alla preparazione, allo studio ma poco alla vita.

Chi ha dovuto prendere il posto dei genitori e assumere un ruolo non adatto alla sua giovane età.

A volte il “voler cambiare” diventa uno stile di vita nel quale ci si abitua all’insoddisfazione cronica perché a livello inconscio esistono vantaggi e comodità a cui non si vuole rinunciare.

Si può voler rivolgere l’attenzione su di se, l’apprensione di chi ci sta intorno e questo copione non facciamo che ripeterlo costantemente a volte fin da piccoli con strategie differenti.

Le persone troppo mentali restano fissate sui problemi e restano impantanate per paura di esplorare fuori dal conosciuto.

Se so di conoscere il mio problema senza sapere come risolverlo significa che non lo conosco proprio bene o non lo guardo in modo efficace e quindi dovrò utilizzare un nuovo atteggiamento, una nuova visione.

I disagi interiori non si curano cercando di sforzarsi di correggerli e capire ma imparando a integrare i propri lati nascosti.

Per questo diventa fondamentale allenare la consapevolezza e la percezione di se stessi, sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva.

Dare spazio agli stati d’animo senza sottrarci cercando la spiegazione e il ragionamento ci aiuterà a connetterci alla loro funzione.

Foto di Matthew Henry di Burst

L’origine della paura

Esistono due modi di reagire alla paura : cercare il potere e il controllo (mi armo e cerco un sistema per proteggermi), oppure ne comprendo a fondo l’origine.

Proviamo paura di ciò che non conosciamo e dunque comprenderne a fondo le origini ci consentirebbe potenzialmente di sciogliere le nostre paure e dunque sembrerebbe il comportamento più logico.

Perché allora spesso preferiamo non guardare? Preferiamo evitare e difenderci piuttosto che fermarci a ragionare.

 In questo modo alimentiamo il sentimento di paura e sofferenza e spesso crediamo di soffrire di meno se condividiamo il nostro malessere (mal comune mezzo gaudio!).

Parlare di un argomento che genera ansia e preoccupazione non fa che rinforzarlo e richiamando continuamente il pensiero alla nostra mente.

La paura ci rende ottusi, non può esistere vera intelligenza se diamo spazio alla paura.

Questo è un concetto dimostrato dalla neurologia perché la paura ci mette in uno stato di difesa, lo stato di difesa disattiva tutte le parti del cervello utili alla creazione ed entriamo in un sistema di attacco-fuga che ci rende meccanici e fa si che le nostre reazioni siano estremamente semplici: tu attacchi e io reagisco.

La paura è un agente che sviluppa un’ottusità che se protratta nel tempo può diventare molto grande.

Pensi ancora che sia utile scappare? Farsi tormentare dai pensieri  senza riflettere sulla loro origine? Credi ancora che sia strategico tenersi impegnati “così non ci penso” oppure alimentare con la lamentela?

Quanto ci costa credere di non aver tempo di fermarci un attimo? Quali risultati ci porta continuare a correre e comportarci meccanicamente invece di utilizzare l’intelligenza che ci caratterizza?

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Dave Salter di
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